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Fitocomposti e dieta: quale efficacia nelle dislipidemie
Lesi C., Valeriani L., Fabozzi M.T., Giaquinto E., D’Atri A., Zoni L.
U.O.C. di Dietologia e Nutrizione Clinica ,P.O. Bellaria-Maggiore, AUSL di Bologna U.O.C. di Dietologia e Nutrizione Clinica, P.O. Bellaria-Maggiore , AUSL di Bologna Tel +390516478689 Fax+390516478727 E-mail [email protected] Riassunto . Le dislipidemie rappresentano un fattore di rischio per le malattie cardio e
cerebrovascolari. La terapia dietetica da sola non è in grado in una buona parte dei casi di
normalizzare i valori lipidici. In prevenzione secondaria, nelle dislipidemie familiari e nei
soggetti ad alto rischio cardiovascolare i farmaci di prima scelta sono le statine. Ma i pazienti
con ipercolesterolemia lieve-moderata, basso rischio cardiovascolare complessivo (<10%) o
che con la statina non raggiungono il target terapeutico, possono giovarsi dell’utilizzo di
integratori alimentari che stanno fornendo evidenze scientifiche incoraggianti. Tra gli
integratori funzionali attualmente disponibili in commercio, i fitosteroli sembrano essere
quelli più promettenti. Sono molecole di natura sterolica presenti nelle piante. L’assunzione di
circa 2 g/die di tali composti sotto forma di integratori alimentari o di “functional
foods”associati ad una dieta ipolipemizzante può, secondo alcuni autori, portare addirittura
ad una riduzione complessiva del colesterolo totale del 20 %. Anche il lievito del riso rosso
fermentato dal Monascus purpureus ha dimostrato potenzialità similare alla pravastatina
nella riduzione del colesterolo LDL. Mentre per il policosanolo, una miscela di alcoli alifatici
derivati dalla canna da zucchero cubana, non sono ancora inequivocabilmente dimostrati i
benefici. Altri composti vegetali potrebbero rivelarsi degli alleati nella lotta contro il
colesterolo come la berberina, la tangeritina, o come lo pterostilbene, antiossidante
individuato nei mirtilli e in altre bacche, efficace nel ridurre il colesterolo ed in grado di
competere con alcune statine senza provocare effetti indesiderati.
Abstract. Dyslipidemia is a risk factor for cardiovascular and cerebrovascular diseases. Diet therapy alone is not able in many cases to normalize lipid values. In secondary prevention, in genetic dyslipidemia and in patients at high cardiovascular risk, statins are drugs of first choice. But patients with mild to moderate high cholesterol, low total cardiovascular risk (<10%) or out of LDL target with drugs, may benefit of using dietary supplements that are providing encouraging scientific evidence. Among the functional supplements currently available on the market, phytosterols seem to be the most promising. They are molecules present in plants. Taking about 2 g / day of such compounds in form of food supplements or "functional foods", associated with a lipid- lowering diet, may lead to a reduction of total cholesterol by 20%., according to some authors. The red yeast rice fermented by Monascus purpureus showed similar potential to pravastatin in reducing LDL cholesterol. While the Policosanol, a mixture of aliphatic alcohols derived from sugar cane in Cuba, are not yet clearly demonstrated the benefits. Other plants might be allies in the fight against cholesterol as berberina, tangeritina, or as the pterostilbene, an antioxidant found in blueberries and other berries, effective in reducing cholesterol and able to compete with some Parole chiave: dislipidemie, dieta, integratori alimentari. Key words :dyslipidemia, diet, dietary supplements. Introduzione
Le dislipidemie rappresentano un fattore di rischio per le malattie cardio e cerebrovascolari (1) ed è ormai risaputo che una riduzione dei valori circolanti del colesterolo totale e delle LDL rappresenta uno degli interventi di efficacia meglio documentata nella prevenzione cardiovascolare (2). La terapia dietetica, per quanto fondamentale nel ridurre il rischio cardiovascolare complessivo, da sola non è in grado in una parte dei casi di normalizzare i valori lipidici. Attualmente sono disponibili farmaci ipolipemizzanti molto efficaci come le statine, che devono essere i farmaci di prima scelta in alcune condizioni come la prevenzione secondaria, le dislipidemie familiari e in tutti quei soggetti, caratterizzati da un alto rischio cardiovascolare globale in cui è necessaria una strategia terapeutica più aggressiva.(3-4). Vi è però una serie di problematiche legate alle assunzione delle statine come le intolleranze, gli effetti collaterali a livello muscolare ed epatico ( tali effetti collaterali pur se ridotti in termini percentuali – 3-7% come dato cumulativo tra eventi clinicamente marginali e gravi dato l’ampio uso delle statine – sono elevati in termini numerici assoluti ), la scarsa compliance del paziente che deve anche affrontare costi elevati, se non usufruisce della rimborsabilità riservata solo a coloro che hanno un rischio cardiovascolare superiore al 20 %. E’ molto frequente fra gli operatori sanitari, che trattano dislipidemie e patologie metaboliche, la necessità di possedere alternative terapeutiche in soggetti che riportano una qualche forma di intolleranza alle statine (5). Esiste un’ampia categoria di pazienti nei quali l’utilizzo di alimenti arricchiti di fitocomposti sta fornendo evidenze cliniche incoraggianti e per i quali sono una valida opzione, considerato anche l’impatto psicologico positivo sul paziente slegato dalla assunzione di un farmaco vero e proprio; per cui è più disponibile ad assumere un alimento alternativo “naturale”. E’ il caso dei soggetti con ipercolesterolemia lieve-moderata e a basso rischio cardiovascolare complessivo (<10%) oppure di quelli che con la statina non raggiungono il target terapeutico e a cui non si vuole o non si può aumentare il dosaggio terapeutico; o ancora dei soggetti che non tollerano o rifiutano il farmaco. Non vanno dimenticate le donne in età fertile per cui le statine sono controindicate per possibili malformazioni fetali. ( Tab.1) Tab.1: Principali indicazioni cliniche all’uso dei Fitocomposti e delle Statine
FITOCOMPOSTI
Soggetti che non raggiungono il target Soggetti con IperCTemie familiari Soggetti intolleranti alle statine o che le rifiutano Soggetti con familiarità per malattie CV Soggetti sottoposti a prevenzione secondaria per malattie CV ( pregresso Infarto Miocardico Infine nei confronti di tutti quei pazienti che nell’ambito di una globale modifica dello stile di vita valutano positivamente l’inserimento di alimenti addizionati di fitocomposti. Stile di vita: alimentazione ed attivita’ fisica
Qualsiasi terapia venga scelta deve essere accompagnata da una modifica dello stile di vita che comprende una serie di interventi che riguardano sia l’alimentazione che l’attività fisica. Esiste accordo fra gli studiosi che il paziente con ipercolesterolemia deve seguire una serie di raccomandazioni dietetiche: innanzi tutto un ridotto apporto di lipidi ( 25-30 % dell’apporto calorico totale) di cui la maggior parte rappresentata da oli vegetali, in particolare olio d’oliva ricco di ac. oleico monoinsaturo ( fino al 15-20% delle calorie totali), non più del 7-10% da ac. grassi saturi di origine animale ( burro, carne) rispetto le calorie totali ed un 7% circa delle calorie totali rappresentato dagli ac. grassi polinsaturi ( pesci, oli di semi) con un rapporto 5:1 fra omega 6 ed omega 3 ; inoltre deve essere favorita l’assunzione di frutta, verdura, legumi ovvero alimenti di origine vegetale ricchi anche in fibra idrosolubile. (6) Se del caso ( sovrappeso, obesità, aumento dei trigliceridi ematici, ipertensione arteriosa concomitanti ) la dieta deve essere anche ipocalorica ( circa 25-30 Kcal/Kg/die), con ridotto apporto di zuccheri semplici e di sale, moderato apporto di vino ( 1-2 bicchieri/die) e ridotto uso di caffeina. L’approccio dietetico non rappresenta solo un trattamento specifico del soggetto con valori di colesterolo elevati, ma costituisce anche un elemento fondamentale in un programma di educazione sanitaria per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Le modifiche dietetiche si devono sempre accompagnare ad una regolare attività fisica quotidiana ( almeno 30 minuti) per migliorare sia l’insulino-resistenza che la dislipidemia aterogena che spesso identificano una sindrome Pertanto tutte le misure di cui sopra ( dieta, attività motoria, statine, fitocomposti che valuteremo di seguito) non solo permettono di ottenere un calo dei livelli di C-LDL, ma favoriscono un aumento del C-HDL, un calo del peso, dei trigliceridi, della pressione arteriosa ed una riduzione del rischio Fitosteroli
Tra gli integratori funzionali attualmente disponibili in commercio, i fitosteroli sono quelli più promettenti (7). Si tratta di molecole di natura sterolica presenti nelle piante, negli oli, nei cereali, nella frutta e nella verdura molto simili al colesterolo, da cui differiscono per la presenza di gruppi metilici o etilici. Queste analogie strutturali con il colesterolo permettono ai fitosteroli di poterlo sostituire con effetto competitivo a livello dei recettori intestinali o nelle micelle che favoriscono l’assorbimento dei grassi nell’intestino. Quelli più comuni sono il beta-sitosterolo, il campesterolo e lo stigmasterolo. Una alimentazione ricca in fitosteroli, come quella vegetariana, ne apporta circa 0,6 g/die. Il consumo ottimale efficace per ottenere una riduzione significativa dei livelli lipidici deve invece aggirarsi sui 2-2,5 g/die nel contesto di una normale dieta equilibrata ricca di frutta e di verdura (7). Oltre i 3 g/die non si osservano effetti benefici, anzi aumentano i rischi di effetti collaterali. I meccanismi attraverso cui questi composti agiscono sono essenzialmente di tre tipi: 1. -competono con il colesterolo sia di origine alimentare sia di origine epatica a livello intestinale per la sua solubilizzazione e quindi per l’incorporazione nelle micelle lipidiche. 2. -formano complessi insolubili che precipitano nel lume intestinale e quindi nelle feci. 3. -competono con i meccanismi di membrana deputati al trasporto del colesterolo. Tutto ciò porta ad una riduzione del 30-40% dell’ assorbimento del colesterolo, poiché la molecola non viene incorporata nelle micelle ma escreta nelle feci con riduzione dei livelli ematici di colesterolo totale e delle LDL, senza influenzare le HDL e i trigliceridi. Una metanalisi del 2003 (7) dimostra che il consumo quotidiano di steroli nelle dosi consigliate porta ad una riduzione del 10% del C-LDL. L’assunzione di tali composti sotto forma di integratori alimentari o di “functional foods” associati ad una dieta ipolipemizzante conduce ad una riduzione del C-LDL del 20 %. Significativi risultati si hanno anche nei diabetici e nei pazienti con dislipidemia familiare. Un test scientifico condotto in Italia, presso l’Istituto San Raffele di Milano, ha dimostrato che l’assunzione di un minidrink allo yogurt addizionato con i fitosteroli riduce il C-LDL mediamente del 17,5%. Altri autori hanno confermato che l’integrazione alimentare con un prodotto a base di fitosteroli e psillio provoca riduzioni significative sia del CT che delle LDL ed in particolare delle LDL piccole e dense le più aterogeniche (8). L’uso adiuvante di fitosteroli vegetali nella dose di 2 g/die è peraltro raccomandata da alcune delle più autorevoli società internazionali di aterosclerosi (1). L’assunzione di questi composti va effettuata all’interno di prodotti alimentari con una certa quota di grassi nei quali si possono disciogliere i fitosteroli. Le basi lattee appaiono le più ottimali, anche se i fitosteroli sono stati addizionati alle margarine, ai cereali oltre che al latte, allo yogurt ed alle bevande a base di yogurt. Uno studio finlandese, pubblicato sull’European Journal of Clinical Nutrition (9), ha coinvolto 167 pazienti affetti da ipercolesterolemia, i quali sono stati randomizzati ad assumere per sei mesi latticini freschi o a pasta dura non addizzionati, oppure arricchiti con steroli vegetali. In particolare il gruppo di trattamento ne assumeva una quantità pari a circa 2 g al Al termine dello studio, si è evidenziata una diminuzione del 6,5% dei livelli di colesterolo totale nei soggetti che assumevano i latticini arricchiti, mentre non vi era nessuna variazione nel gruppo di controllo. Con i fitosteroli è stata anche riscontrata una maggiore riduzione dei valori di LDL (10,4% vs 0,6%) e un significativo aumento del rapporto HDL/LDL (16,1% vs 4,3%). Dato che i fitosteroli sono in grado di ridurre i livelli di colesterolo in quanto ne limitano l’assorbimento intestinale; si è ipotizzato che un loro effetto collaterale potesse essere la diminuzione dei livelli di vitamine liposolubili, tuttavia non sono state riscontrate carenze di tali nutrienti nel lavoro in esame. Recentemente da uno studio multicentrico italiano è emerso anche un altro risultato originale e cioè che l’assunzione di fitosteroli non solo produce, in accordo con i risultati di precedenti trials clinici, un abbassamento dei livelli di Colesterolo LDL di circa il 10%, ma è in grado anche di ridurre del 12% i livelli plasmatici di 8-isoprostano,un importante marker dello stress ossidativo in vivo. Questo suggerirebbe una possibile, nuova proprietà antiossidante degli steroli vegetali che andrebbe a sommarsi al beneficio derivante dalla riduzione del colesterolo totale e e LDL (10). Dati altrettanto incoraggianti non sono stati ottenuti con fitosteroli disciolti in succhi di frutta. L’integrazione va effettuata durante i pasti principali, pena una riduzione di efficacia di circa il 3-4 L’arricchimento o meglio l’integrazione dei fitosteroli negli alimenti ha fornito vantaggi, in associazione con le diete ipolipidiche, soprattutto nelle ipercolesterolemie borderline quando non ci si orienta per l’impiego immediato di una statina, che per coerenza scientifica dovrà essere assunta a tempo indeterminato. Diverso è il comportamento nei confronti delle ipercolesterolemie familiari dove le statine giocano un ruolo prioritario e determinante. Però anche in situazioni così gravi l’impiego complementare dei fitosteroli e delle contromisure dietetiche permettono il ricorso a dosi più basse di statine con risparmio del farmaco e del conseguente impegno epatico. (11) Policosanoli.
I policosanoli, alcoli alifatici a lunga catena estratti dalla cera di canna da zucchero cubana, si stanno diffondendo nel mondo come integratori in grado di ridurre i valori del colesterolo attraverso una inibizione della HMG-CoA reduttasi. Purtroppo la maggior parte degli studi a favore di questa ipotesi presenti in letteratura provengono da un unico gruppo di ricerca cubano e sono stati sponsorizzati da industrie con evidenti interessi commerciali. Nessun altro autore ha confermato questi dati, anzi nella maggior parte dei casi trials clinici ben progettati hanno negato questa possibilità (12). E’ stato proposto in maniera esplicita che il “policosanolo debba essere aggiunto alla lista dei supplementi nutrizionali che difettano di validità scientifica” (5) Monascus purpureus
Anche il lievito del riso rosso Monascus Purpureus ha dimostrato potenzialità interessanti nella riduzione del colesterolo LDL (13). Si tratta di un lievito rosso utilizzato da secoli in Cina come colorante alimentare ed esaltatore di sapidità. Viene anche utilizzato per fermentare una miscela di riso cotto secondo un’antica tradizione ottenendo il vino rosso di riso.Tra i numerosi composti presenti in questo lievito, si trovano le monacoline ed in particolare la monacolina K, identica dal punto di vista molecolare alla lovastatina. Un trial americano ha dimostrato una riduzione del 22% nel gruppo trattato con Cholestin (nome commerciale dell’integratore), mentre era solo dell’ 1% nel gruppo placebo.Va però sottolineato che la similitudine con la lovastatina ha creato non pochi problemi sia dal punto di vista della commercializzazione come integratore, contro cui vi è stato un ricorso della FDA (5), sia dal punto di vista degli effetti collaterali a carico dei muscoli ( tre casi di miopatia) che sono stati riportati anche con l’uso del monascus purpureus. Tali effetti collaterali ne sconsigliano l’uso nei pazienti che hanno abbandonato le statine a causa della miopatia (14). Un grado di giudizio successivo a quello della FDA ha inserito di nuovo il Cholestin nella categoria dei supplementi e non fra i farmaci. (5). Berberina
La Berberina è un alcaloide presente in alcune piante medicinali. Una delle più note e diffuse nel continente nordamericano è l’Hydrastis canadensis( Goldenseal ovvero sigillo d’oro) appartenente alla famiglia delle ranucolaceae, ma ve ne sono altre come il biancospino. E’ stata usata come amaricante, diaforetico ed antipiretico e per il trattamento di affezioni della cute, dell’occhio, per la diarrea. E’ nota per la sua attività antimicrobica e cardioprotettiva ed in vitro sembra possedere attività citostatica. Di recente ne è stata dimostrata la capacità di ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi. In uno studio italiano effettuato su 40 soggetti la berberina è stata testata da sola o in associazione a policosanoli e riso rosso fermentato. Le riduzioni percentuali evidenziate rispettivamente nel 1 ° e nel 2° gruppo sono state pari al 16% e al 20 % per il CT, al 20 % e 25% per LDL e al 22 e 26% per i trigliceridi (14). In un altro recente trial 43 soggetti con ipercolesterolemia sono stati randomizzati a ricevere due volte al giorno o 500 mg di berberina ( n = 32) o placebo ( n =11) per 3 mesi. Nel gruppo trattato con berberina, rispetto il basale, il livello medio del CT serico è calato del 29% ( p < 0.0001), il C- LDL ed i trigliceridi si sono ridotti rispettivamente del 25% ( p < 0.0001) e del 35% ( p < 0.0001), mentre il livello medio del C-HDL è rimasto immutato (15) In uno studio cinese i ricercatori hanno studiato 60 pazienti affetti da iperlipidemia, 32 trattati con 0,5 grammi di berberina due volte al giorno e 28 con placebo. Dopo tre mesi, i valori del gruppo controllo erano rimasti stabili o erano peggiorati. Invece nei pazienti che avevano assunto la berberina le concentrazioni ematiche di colesterolo erano diminuite del 29% e quelle dei trigliceridi del 35%. In seguito i ricercatori hanno stestato la berberina sui criceti per indagarne il meccanismo di azione, e hanno osservato che la riduzione dei livelli di colesterolo si associava a un aumento del recettore nelle cellule epatiche. L’ipotesi è, perciò, che il composto aumenti la capacità del fegato di catturare e metabolizzare il colesterolo. In vitro sembra che la berberina agisca modulando l’espressione del recettore delle LDL attraverso un meccanismo post- trascrizionale che stabilizza il m-RNA. (16). Unico effetto collaterale occasionalmente registrato con la somministrazione di questo fitocomposto è stato la stipsi. Probiotici .
È stata dimostrata in modelli animali da alcuni autori la capacità di alcuni ceppi di probiotici, come lactobacilli e bifidobatteri, di sequestrare quote significative di colesterolo sia di origine alimentare che biliare. I batteri sono in grado di interferire sull’assorbimento intestinale di colesterolo attraverso una assimilazione dello stesso nelle loro membrane cellulari. Inoltre i ceppi di origine intestinale come i bifidobatteri sono capaci di deconiugare i sali biliari con una idrolisi enzimatica. Infine i probiotici attraverso la produzione di SCFA inibiscono la sintesi epatica di colesterolo. Questi dati sono molto significativi per quello che riguarda i modelli animali; per l’uomo sono per ora incoraggianti ma molto meno evidenti (17-18). Altri composti vegetali sembrano rivelarsi importanti alleati nella lotta contro il colesterolo come la tangeritina, sostanza presente nelle scorze di arance e mandarini, o come lo pterostilbene, antiossidante individuato nei mirtilli e in altre bacche, efficace nel ridurre il colesterolo ed in grado di competere con alcune statine senza provocare effetti indesiderati. In definitiva l’uso di “sostanze naturali” alternative alle statine allo stato attuale delle conoscenze, basato su poche ricerche valide dal punto di vista scientifico e statistico, non può che essere empirico poggiandosi su una analisi costo-beneficio individuale e lasciato alla prudente esperienza Bibliografia
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Source: http://www.fosan.it/system/files/Anno38_1_5.pdf

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